La collezione

La collezione di zoologia marina adriatica, su cui si basa il Museo “G.Olivi”, ha una storia avventurosa, iniziata nella seconda metà dell’Ottocento a Trieste, alla Stazione Zoologica di Sant’Andrea. Questo piccolo laboratorio triestino fu un centro di ricerca molto vivace: si iniziò la raccolta e la conservazione di organismi marini, vi condussero i loro studi scienziati di tutta Europa e da qui partirono crociere oceanografiche che, esplorando l’Adriatico, arricchirono la collezione di splendidi esemplari.

Purtroppo nel 1915, con l’inizio della Prima Guerra Mondiale, la Stazione Zoologica di Sant’Andrea dovette sospendere la sua attività per mancanza di personale. La gran parte degli studiosi e dei ricercatori, infatti, dovette abbandonare gli studi di biologia marina per rispondere alla chiamata alle armi. Dopo la guerra, nel novembre del 1918, il Regio Comitato Talassografico Italiano, riorganizzò i diversi Istituti che si occupavano di studi marini, tra cui la Stazione di Sant’Andrea, dato che Trieste era divenuta italiana.

In quell’occasione, la collezione di preparati e la biblioteca del laboratorio triestino furono trasportate nella Stazione Italo-Germanica di Rovigno. Qui, grazie al proseguo delle campagne talassografiche, la collezione venne ulteriormente arricchita di nuovi esemplari fino a comprendere 1600 preparati conservati in vasi da museo e circa un migliaio di preparati microscopici su vetrino.

Nel 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale, anche la Stazione di Rovigno cessò di funzionare e la oramai storica collezione venne trasportata a Venezia, temporaneamente sistemata negli scantinati dell'Istituto di Studi Adriatici, grazie al coraggio e all’intraprendenza di Aristocle Vatova, il direttore italiano della Stazione di Rovigno. Per un periodo la collezione fu esposta al pubblico in una sala del Museo di Storia Naturale di Venezia ma, in breve, i preparati vennero rimossi e ammassati nei locali della Fondazione Canonica, dove rimasero per parecchi anni. A causa di questi continui trasferimenti e ricollocazioni, spesso in ambienti inadeguati, parte dei preparati si deteriorò irrimediabilmente.

Negli anni ‘50, l’allora direttore dell’Istituto e Museo di Zoologia e Anatomia Comparata dell’Università di Padova, Umberto D’Ancona, uno dei più grandi zoologi italiani del secolo scorso, iniziò una serie di contatti e di richieste che portarono, nel 1968, al definitivo trasferimento della cosiddetta “Collezione di Rovigno” presso la Stazione Idrobiologica di Chioggia, piccola stazione di biologia marina che D’Ancona stesso, con grande lungimiranza, aveva voluto far sorgere per sviluppare la ricerca biologica padovana in ambito marino.

Con l’arrivo negli spazi della Stazione Idrobiologica, è iniziato il progressivo riordino del materiale della collezione: lavoro che ha visto il coinvolgimento di diversi docenti patavini, da Giorgio Marcuzzi a Riccardo Brunetti fino a Margherita Turchetto che, grazie al contributo della Fondazione della Pesca di Chioggia, nel 2002, portò in fase avanzata il restauro e la catalogazione dei preziosi preparati marini. Il loro stato attuale, così come lo si può apprezzare negli spazi espositivi del Museo si deve a Elisa Cenci e Nicole Chimento che, nel 2010, hanno proceduto al riconteggio definitivo, alla catalogazione, al cambio dei liquidi di conservazione e al trasporto negli spazi di Palazzo Grassi. E’ grazie al loro lavoro che conosciamo con precisione la consistenza odierna della collezione: 1258 preparati, rappresentativi di circa 700 specie, un numero non ancora definitivo dato che, come si può vedere nella tabella, è necessario altro lavoro da parte di specialisti per determinare a livello di specie alcuni organismi.

Se preservare la collezione dal deterioramento è stato un obiettivo primario, rimaneva, tuttavia, il problema della sua esposizione al pubblico, per condividere con il territorio questo patrimonio prezioso. La svolta in tal senso, che ha portato all’apertura nel 2011 del Museo “G. Olivi”, è venuta dalla convenzione con cui la Città di Chioggia ha affidato in uso all’Università di Padova gli spazi di Palazzo Grassi per svolgere attività didattiche relative agli studi di Biologia Marina. La disponibilità di sale adeguate e il fondamentale supporto economico della Regione Veneto hanno così reso possibile la nascita di questo museo che permette al pubblico di godere della biodiversità degli ambienti marini e lagunari adriatici ma anche di riflettere sul loro stato di conservazione attraverso una selezione di 350 dei preparati storici. I preparati non esposti, assieme a tutta la documentazione inerente la loro determinazione, rimangono a disposizione dei ricercatori di area scientifica o storica, previa documentata richiesta.

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